Cenni storici
La chiesa di S. Maria Gallana sorge nella contrada omonima tra Latiano e Oria – da cui dista circa 3 km – “lungo il tracciato dell’antica Appia e nell’area di una villa rustica romana nel Medioevo divenuta casale”. (1)
“I resti di numerose ville rustiche e di un calidarium rinvenuti negli anni ’60 dimostrano infatti la presenza di un importante insediamento dal primo sec. a.C. Del sec. VI dovrebbe essere l’abside costruita in opus listatum ed una parte della navata destra che è in opus cementicium.
Della fine del IX sec. o principi del X, dovrebbe essere il rifacimento del vano chiesa attuale, costituito da più vani quadrati coperti a trullo. Del sec. XVIII è la facciata ed il campanile a vela”. (1)
Probabilmente la viabilità è stato il più importante elemento che ha condizionato la distribuzione degli abitati nell’antichità: “si può facilmente constatare come la maggior parte dei casi di rioccupazione dello stesso sito sia in concomitanza con un asse viario fondamentale come l’Appia (S. Maria di Gallana cfr. DE GIORGI 1914; CARAMIA 1976; MARUGGI 1991) o il Limitone dei Greci (si tratterebbe della linea difensiva creata dai bizantini tra il VII e l’VIII sec. a protezione dell’attuale Salento dalle mire dei Longobardi ndr), dove si trovano alcuni tra i più interessanti siti archeologici del territorio oritano: S. Pietro di Crepacore (Torre Santa Susanna 1999, con bibliografia precedente), S. Miserino (MARANGIO 1973; LAGANARA 1975; MATICHECCHIA 1997; LEPORE 1999), S. Maria dell’Alto (PALUMBO 1959; JURLARO 1974; BUCCI MORICHI 1983). (..)
Schematizzando, molti degli insediamenti conosciuti nell’agro oritano si possono ricondurre ad un unico iter di evoluzione, applicabile anche ad altri contesti pugliesi:
- a) centro agricolo romano o vicus (Gallana, Crepacore, Miserino, Alto, Campofreddo)
- b) villa rustica tardoimperiale con funzione produttiva praedia, praetoria (Miserino)
- c) abitato rurale altomedievale con edificio di culto e necropoli, in genere in stretta dipendenza da un centro urbano di riferimento e in corrispondenza di assi viari importanti (Gallana, Crepacore, Alto)
- d) casale tardomedievale (Gallana, Crepacore, Alto, Miserino)
- e) masseria moderna (Gallana, Crepacore, Alto, Miserino)”.
Poiché i siti, almeno in questo ambito territoriale, presentano tutti una tradizione insediativa anteriore alla diffusione del cristianesimo, le chiese sono state poste là dove esistevano già delle comunità residenti e delle strutture murarie da utilizzare, fatto assolutamente certo a Gallana, a Crepacore (per approfondire clicca QUI), a S. Miserino (per approfondire clicca QUI) e probabilmente a S. Maria dell’Alto (per approfondire clicca QUI).
Quindi i luoghi di culto sembrerebbero essere stati distribuiti assecondando logiche territoriali già radicate, prima fra tutte, la vicinanza ad assi viari. In seguito, la presenza di un edificio di culto cristiano può avere favorito la permanenza delle comunità sul posto e lo sviluppo del centro: è possibile che centri rurali che avevano la loro chiesa siano stati avvantaggiati rispetto ad altri nell’incremento della popolazione e nell’evoluzione in senso urbano. Probabilmente non è casuale quindi che molti di tali edifici si trovino in prossimità di strade: Crepacore e Alto sul Limitone dei Greci, Gallana sulla via Appia.
Le prime fonti documentali dimostrano che “due delle strutture rurali più importanti e meglio conosciute del territorio oritano sono documentate come possessi benedettini nell’XI secolo: Gallana e Crepacore. Entrambe vengono donate da Roberto il Guiscardo nel 1062 all’abbazia di S. Maria di S. Eufemia in Calabria (MENAGÈR 1980, doc. 11 pp. 38-47; Monasticon Italiae, pp. 88).” (2)
“Per quanto riguarda il nome della chiesa, un manoscritto del Pagano (XVII sec.) “riferisce che la chiesa fu fatta edificare dalla regina Galerana, moglie di Carlo Magno, quando questi scese, dietro invito del papa Adriano I per scacciare i Saraceni, circa l’anno 776 d.C.” (3)
Ma, il ritrovamento in zona di due epigrafi funerarie dedicate a tale Gerellanus, “il quale apparteneva ad una Gens di età tardo-imperiale, famiglia di latifondisti, proprietaria del territorio che in seguito assumerà la denominazione Contrada Madonna di Gallano” (4) dimostra con evidenza la derivazione dal nome della Gens.
Struttura esterna
La chiesa, a navata unica e pianta rettangolare, è conclusa da un’abside semicircolare con copertura a due cupole in asse, e con cappella sul lato Est che corrisponde al braccio superstite di un transetto; mentre il braccio sinistro e la navata corrispondente sono andati distrutti in seguito ad un crollo della struttura.
Su di una facciata monocuspidata un ingresso lunettato permette l’accesso alla chiesa, affiancato da un altro ingresso, simile al primo ma più piccolo, sulla destra, che immette ad una abitazione privata, che corrisponde all’antica navata laterale destra.
All’esterno sorge un corpo di fabbrica a pianta circolare.
“Lato sinistro. Appare chiaro il contrasto sul lato monco della navata, attualmente interrato per circa m 1, tra la muratura originaria costituita da conci irregolari e le integrazioni avvenute in seguito al crollo, ottenute mediante l’inserimento di blocchi in tufo perfettamente squadrati.
Due archi fornivano il collegamento tra la navata centrale e la navata sinistra. Segue l’arco che è quanto rimane del braccio mancante del transetto dove sulla destra si possono notare chiaramente gli interventi di un restauro consolidativo, molto probabilmente di emergenza, successivo ai dissesti causati dal crollo della navata sinistra, durante i quali l’arco è stato ricostruito.
Conclude l’edifìcio l’abside semicircolare, sicuramente elemento di recupero di una struttura preesistente, costruita in muratura mista che ricorda l’opera listata (..).
Sull’abside si aprono tre monofore: due con un estradosso ad arco ed una con profilo quadrangolare.” (5)
La “Ecclesia Baptismalis”
“Segue a NE, sul lato destro, un ambiente completamente rivestito esternamente da uno spesso strato di calce che impedisce la lettura dei paramenti murari. L’ingresso attuale, che guarda ad E, è stato ricavato dal prolungamento di una bifora affiancata a destra e sinistra da sorta di pilastri monchi nella parte inferiore.
Se fosse possibile attribuire con certezza la funzione di battistero all’edificio a pianta circolare, ci troveremmo di fronte ad un complesso chiesa-battistero, ossia una ecclesia baptismalis o plebs: una pieve con funzioni di chiesa battesimale all’interno di una comunità rurale e matrice rispetto alle altre del distretto. “Si tratta di una forma di organizzazione del territorio rurale, eccentrica in confronto al capoluogo diocesano, ma centripeta di fronte alla popolazione sparsa sul largo distretto rurale”.” (5)
Ci hanno incuriosito la vasca ed un particolare ingranaggio che in dialetto è chiamato “‘ngegna” e che in italiano corrisponde alla noria o meglio “macchina per sollevare l’acqua”. Consisteva in un sistema ad ingranaggi dentati, azionato da un animale (generalmente asino o mulo) che veniva fatto girare in circolo in continuazione dopo che gli erano stati applicati dei paraocchi che toglievano la visuale e impedivano un pericoloso “giramento di testa” causato dal movimento circolare. Questo movimento faceva girare una grossa ruota in ferro posta sul pozzo cui erano fissati dei secchi (jalette) che in questa maniera portavano in superficie acqua a ciclo continuo. L’acqua si riversava quindi in grosse vasche di raccolta denominate palamienti da cui poi, attraverso una serie di canaletti (portacqua), arrivava alle culture, generalmente verdure ed ortaggi, fonte di reddito del tempo.
Struttura interna
“Si accede alla navata centrale attraverso la porta larga m 1,3. Un gradino immette in un piccolo spazio di forma rettangolare, all’interno del quale sono conservati due capitelli in stile dorico che probabilmente servivano da base a due colonne poste ai lati dell’ingresso durante la prima fase dell’edificio. Un arco sovrasta quattro gradini attraverso i quali si giunge ad una quota di m 1,00 sotto il piano stradale.
La navata è composta da due sezioni dove la prima, la più moderna, corrisponde ad uno spazio voltato a botte di forma quadrangolare. Sul lato sinistro e su quello destro si aprono due archi, oggi tamponati.
La seconda sezione, che costituisce il nucleo originale, è quella coperta dalle due cupole. La volta a botte s’innesta direttamente nell’arco d’imposta dando così corpo all’unica navata percorribile lunga m 24,42 e larga m 6,8 (la misura corrisponde allo spazio compreso tra l’ultimo gradino e la zona presbiteriale). Le due cupole che coprono la navata centrale sono costruite entrambe con filari di conci squadrati posti a cerchi concentrici che scaricano il peso sui pilastri.” (5)
Gli affreschi
Fin dalla prima visita nel 1914 dello storico dell’arte Cosimo De Giorgi furono notati i danneggiamenti prodotti da rimaneggiamenti strutturali e umidità; il disinteresse delle autorità sino al 1991, anno dei restauri, ha fatto sì che le condizioni degli affreschi peggiorasse continuamente fino a scomparire in alcuni casi. Molte delle figure rimaste sono state rovinate comunque dai colpi di martello inferti alla parete per favorire l’aderenza dell’intonaco.
Sull’intradosso del primo arco si intravede una scena con Tre santi riconoscibili dalle aureole in alto,
Seguono sull’intradosso altre immagini non identificabili
Disposta in maniera speculare rispetto alle precedenti troviamo una scena in cui si vedono due aureole accostate che potrebbero essere della Vergine e dell’Arcangelo nell’Annunciazione
Sulla volta a botte del vestibolo, decorata a riquadri bianchi e rossi, risaltano i simboli degli evangelisti: un’Aquila bianca e un Agnello
Nella prima campata sulla parete destra è visibile una Pietà, in cui la Vergine ha il capo inclinato verso il Figlio disteso secondo l’iconografia classica sulle gambe della Madre e riconoscibile dall’aureola e dai capelli. Non è escluso il ritocco sul volto della Vergine analogamente alla Madonna con Bambino, sul muro innalzato dopo il crollo della navata sinistra e quindi posteriore al XV sec.
Superato il pilastro, sulla parete destra, si vedono i resti della Dormitio Virginis rappresentata in modo fedele alla tradizione
“Nella parete sinistra del transetto è conservato nella muratura, come materiale di reimpiego, un frammento lapideo su cui è incisa una “tabula lusoria”. Si tratta di un gioco molto in voga nell’antica Roma, molto simile all’attuale tris”. (5)
Sull’altare del XV-XVI sec. campeggia una tela raffigurante la Madonna con Bambino tra due colonnine con capitelli.
Sul retro esiste ancora una vasca in pietra funzionale alla liturgia coeva all’altare primitivo.
Deesis (*) Alba Medea nel 1939 scriveva: «Nel catino dell’abside è un grande affresco abbastanza ben conservato. L’ampia, grandiosa composizione rappresenta il Cristo fra due angeli adoranti. Il Salvatore veste di rosso e porta un manto bianco, benedice latinamente con la destra, la sinistra regge il libro degli evangeli appoggiandolo a un ginocchio, il manto cade in ampie pieghe sul ginocchio più basso, la figura assume quasi classica solennità da questa attitudine. A sinistra del capo si legge: I. C. . Il fondo che dovette essere azzurro cupo è assai guasto e tutto chiazzato. Ai lati del grande Cristo, ampia figura solenne, stanno inginocchiati gli angeli con le ali segnate da tratti scuri, e, raccolti, chinano lievemente il capo. In tutto essi paiono rivelarci una grazia nuova, più sensibile nel delicato ovale del volto, nel dolce sorriso. Bianchissima scende dall’alto una colomba entro un disco. Un largo fregio di ampia fattura a toni rossi e bruni limita l’affresco (XIV sec.?) ».
Nel riquadro seguente la nuova composizione pittorica rappresenta l’Annunciazione in maniera tradizionale, con l’Arcangelo Gabriele a sinistra e la Vergine a destra.
Il ciclo pittorico si chiude con un’ultima figura aureolata, forse Santa Caterina, di cui rimangono visibili parte del capo e pochi frammenti del busto. Una raffigurazione identica la troviamo a Massafranella chiesa della Buona Nuova datata XIV sec.
Nell’interno vi sono anche statue in pietra del sec. XV ed in legno dei sec. XVII e XVIII. (1)
La natività. Solo il lato destro del transetto “conserva un altare con il gruppo litico della natività ad opera di Nunzio Barba, scultore galatinese a cui si deve anche il sepolcro monumentale di Giulio Antonio Acquaviva in Santa Maria dell’Isola, presso Conversano”. (4)
Note
(*) La deesis o deisis (dal greco δέησις, “supplica”, “intercessione”) è un tema iconografico cristiano di matrice culturale bizantina, molto diffuso nel mondo ortodosso.
Nella rappresentazione archetipica, in genere, si vede Cristo benedicente tra la Madonna e san Giovanni Battista (in alcune rappresentazioni sostituito da San Nicola o altri santi) in atto di preghiera e supplica per i peccatori.
La rappresentazione della deesis è spesso presente nel registro centrale delle iconostasi e può essere integrata dalle rappresentazioni degli arcangeli e di altri santi di importanza locale.
Bibliografia e sitigrafia:
“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica/sitigrafica.”
(1) R. Jurlaro, Storia e cultura dei monumenti brindisini. Ed. Salentina – Galatina (LE) 1976
(2) IL TERRITORIO DI ORIA (BR) DAL TARDOANTICO ALL’XI SECOLO
di GIORGIA LEPORE – http://www.bibar.unisi.it/sites/www.bibar.unisi.it/files/testi/testisami/sami3/2_35_lep.pdf
(3) Giovanni Caramia, La chiesa di S, Maria di Gallana in agro di Oria – storia e descrizione dell’edificio. http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Brundisii%20Res/1976/Articoli/La%20Chiesa%20di%20Santa%20Maria%20di%20Gallana%20in%20Agro%20di%20Oria.%20Storia%20e%20Descrizione%20dell’Edificio.pdf
(4) Giuseppe Dalfino, Santa Maria Gallana in agro di Oria. http://www.academia.edu/5410231/Giuseppe_Dalfino_SANTA_MARIA_DI_GALLANA_IN_AGRO_DI_ORIA_ARTICOLO_LIBERAMENTE_TRATTO_DALLA_PUBBLICAZIONE_DI_CUI_SONO_AUTORE
(5) Giuseppe Dalfino – Giuseppe Mele, S. Maria di Gallana in agro di Oria, storia e architettura. M. Adda editore Bari – 2005
Buonasera
vi volevo informare che quello che voi avete indicato come “tabula lusoria”, di fatto è una rarissima “svastica lappone”. Un simbolo che si trova principalmente nelle zone del Mar Baltico quali la Scandinavia e Finlandia e utilizzato in particolar modo nella cultura Sami in Lapponia. Finora, in Italia, ne sono stati trovati solo due casi simili e precisamente uno nella Chiesa di San Cirillo di Carpino (FG) e un altro nel Castello dei Conti di Ceccano (FR). La sua particolare forma ricorda per l’appunto la svastica, simbolo solare e quindi positivo, utilizzata per molti secoli nelle decorazioni di edifici ed oggetti ad uso comune e sacri di tutto il mondo.
Distinti saluti.
Gentile Sig. Di Donato la ringrazio per la segnalazione però non posso modificare il virgolettato che riportava quanto scritto da G. Dalfino – G. Mele nel loro libro S. Maria di Gallana in agro di Oria, storia e architettura. In ogni caso il suo commento è stato pubblicato.
[…] suggestiva e ricca di spunti storici teatralizzabili è anche la Chiesa di Santa Maria di Gallana. Ad essa sono legate leggende, storie, testimonianze su cui si potrebbe […]